Viene spontaneo chiedersi se, tra le donne passate alla storia perché ritenute di non specchiata virtù (tolte le cosiddette «donne di potere» che potevano comportarsi a loro piacimento) sia mai esistita una libertina perché intimamente femminista. Come tale, è passata alla storia Ninon de Lenclos, sino a diventare una sorta di «santa patrona delle femministe».
Oltre ad aver iniziato e terminato la propria carriera tra le braccia di due preti, le sono stati affibbiati cinquemila amanti (principi di sangue reale, marescialli, generali, ammiragli, diplomatici, duchi, marchesi, scrittori, prelati, banchieri e faccendieri) suddivisi, da lei stessa, in tre diverse categorie.
Nonostante le numerose biografie, spesso romanzate, Ninon rimane un personaggio abbastanza impenetrabile. Anche perché i suddetti ritratti si dedicano soprattutto a enumerare e a descrivere, senza particolari dettagli, i suoi rapporti con qualche personaggio famoso e con un’accozzaglia di gente insignificante. Né sono d’aiuto le sue lettere, perché molto probabilmente apocrife. Sicché, badando esclusivamente ai fatti, si può soprattutto desumere ciò che Ninon non fu.
Nessuno riuscì a soggiogarla perché non scelse mai la «via di mezzo», rifiutando i compromessi e infischiandosene dei giudizi del mondo intero. Fu l’esatto contrario della marchesa de Maintenon, mezza cortigiana, mezza santa e mezza regina. Ninon, infatti, si comportò da «mantenuta indipendente». E l’indipendenza, nell’agire e nel pensare, non è ciò che distingue le femministe dalle altre donne?